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d’Italia. Ma ora, avendo a parlar di lui come autor del Poema divino, già ci mancano in patria i paragoni, e ci è forza irne a cercare in tutti i paesi, in tutte le età. Nè così spaziando, troveremo forse più di due poeti, uno prima ed uno dopo di lui, Omero e Shakespeare, i quali sieno a lui comparabili in quella variata e compiuta dipintura dell’umanità, che è copia non da altrui ma dalla stessa natura; imitazione non d’alcun’opera umana, ma della stessa idea divina, sola forse che possa dirsi somma e creatrice poesia. Ma se noi paragoneremo l’altezza e l’universalità de’ ritratti lasciati da’ tre sommi, quello di Dante, che comprende tutta l’umana destinazione durante e dopo questa vita terrena, ci parrà forse senza eguali, e così egli senza emuli. Nè questi sono giudizii miei, ma di molto migliori di me; e non solo dati da molti sommi poeti, ma da parecchi di quegli altri sommi in altre arti, che sono forse i soli giudici legittimi de’ loro pari. Sono, è vero, ricusati taluni, i quali restringendosi in un’arte sola, non tengono conto se non delle minutezze e delle regole fattizie ed esagerate di essa; giudicano de’ pensieri dalle sillabe; ed