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presso a Benevento,
sotto la guardia della grave mora.

Or le bagna la pioggia, e muove ’l vento,
di fuor del Regno, quasi lungo ’l Verde,
ove le trasmutò a lume spento.

PURG. III. 112-132.

Poco andò, e Napoli, col Regno tutto, fu di Carlo, che vi entrò colla sua regina Beatrice, l’ambiziosa provenzale, che l’avea mosso a quell’impresa. L’ingresso fu di gran pompa: carri dorati, damigelle e ricchi addobbi d’ogni sorta vi si videro. Manfredi era stato colto e splendido, ma non prodigo; ed avea, dicesi, un tesoro nel castello di Capua. Dove trovato ora da re Carlo, e comandando ad Ugo del Balzo, un suo cavaliere, di partirlo, e di prender per ciò le bilancie: Che mestieri ci ha di bilancie? rispondea questi; e ne faceva co’ piedi tre parti: questa sia di monsignore il Re, questa della Regina, e questa de’ vostri cavalieri. Piacque l’atto al Re, e gli die’ la contea d’Avellino. Da queste pompe, questi ori, questi scialacqui, dicono gli storici, incominciasse la mutazione dei costumi d’Italia. Ma, dico io, già erano corrotti gli Italiani, poichè si lasciavano vincere con