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ei cantò la rettitudine. Bell’assunto, per vero dire, e che concorda co’ soggetti da lui cantati nelle Canzoni del Convito, o almeno coll’interpretazione filosofica ivi data di esse. Vedesi in tutto, che contemporanee più o meno furono queste due fatiche del Convito e del Volgare Eloquio: quella assolutamente mediocre; questa, quantunque di gran lunga migliore, pur inferiore all’ ingegno suo: e così quella lasciata per questa; questa in breve, per l’opera della sua gioventù, del suo amore, della sua virtù. Vedremo che, secondo tutte le memorie, un caso fu che gli fece riprendere tal’opera somma; ma fu un caso ajutato dalle disposizioni dell’ animo e da questi primi studii ripresi. Già fin dalla Vita Nova, ei sentiva altamente della potenza della lingua volgare; vi ritorna nel Convito, deliberando scriverne espressamente; abbandona il Convito per ciò fare: ma interrotto nel farlo da nuovi accidenti dell’esilio, quando poi riprese il lavoro, riprende, delle tre opere interrotte, la maggiore, la più difficile, la più sublime di gran lunga; ma la riprende mutata dalle idee sue maturate sul Volgare; e tanto più volentieri, che queste sue idee lo