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40 capo secondo

dice a Dante:

              55Se tu segui tua stella,
     Non puoi fallire a glorioso porto
     Se ben m’accorsi nella vita bella.
58E s’io non fossi sì per tempo morto,
     Veggendo ’l Cielo a te così benigno
     Dato t’avrei all’opera conforto.
                                        Inf. xv.

Dante stesso, non iscevro di tali credenze, attribuisce a quegli atri benigni il proprio ingegno; e giunto in Paradiso a quella costellazione de’ Gemini, esclama:

112O gloriose stelle, o lume pregno
     Di gran virtù, dal quale io riconosco
     Tutto qual che si sia, il mio ingegno!
115Con voi nasceva, e s’ascondeva vosco
     Quegli ch’è padre d’ogni mortal vita1
     Quand’io sentii dapprima l’aer Tosco.
                                        Par. xxii.

Del resto non è se non giustizia aggiugner quì, che Dante con tutti i buoni di quei tempi trovava modo d’accordare questa influenza delle stelle col libero arbitrio dell’animo umano; come si può vedere nel Purgatorio al canto

  1. Cioè il Sole.