Pagina:Vita di Dante.djvu/484

rivelazione avuta della vita eterna di sua donna. "Ma, perocche dell’immortalità dell’anima è qui toccato, farò una digressione ragionando di quella; perchè di quella ragionando, sarà bello terminare lo parlare di quella viva Beatrice beata, della quale più parlare in questo libro non intendo. Per preponimento dico, che in tra tutte le bestialitadi quella è stoltissima, vilissima e dannosissima, chi crede dopo questa vita altra vita non essere. Perciocchè, se noi rivolgiamo tutte le scritture sì de’ filosofi come degli altri savi scrittori, tutti concordano in questo, che in noi sia parte alcuna perpetuale: e questo massimamente par volere Aristotile in quello dell’anima; questo par volere massimamente ciascuno stoico; questo par volere Tullio spezialmente in quello libello della vecchiezza1; questo par volere ciascuno poeta che secondo la fede de’ gentili hanno parlato; questo vuole ciascuna legge, Giudei, Saracini e Tartari, e qualunque altri vivono secondo

  1. Osservisi a conferma del non aver Dante conosciute le opere di Platone, ch’ei non le cita qui; quantunque, non solamente nel Fedone, ma in esse tutte, più che in quelle di niun antico, sia dimostrata, quanto potevasi allora, l’immortalità dell’anima.