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pietosa; nella seconda loda l’oggetto del nuovo amor suo; e nella terza dirige a lei una lode della nobiltà. Undici altre canzoni che non s’hanno o non si sa quali sieno, parlavano forse pur di questo o di altri suoi amori. Ora, a Dante esule e studioso e forse ideante di ricominciare il poema votivo a Beatrice, venne in animo di dimostrare con un non breve commento delle quattordici canzoni: ch’egli in quelle parlando al senso proprio della gentildonna, suo secondo amore, aveva allegoricamente voluto parlare del suo amore alla filosofia; e che perciò dove si leggeva amore si doveva intendere studio; dove donna, filosofia; dove terzo cielo di Venere, rettorica terza scienza del trivio; dove angeli motori di tale sfera, Boezio e Tullio, che insomma dovean tenersi per li soli suoi consolatori1. Io lascio i lettori pensare
- ↑ Vedi l’intenzione generale di tutto il Commento dimostrata ne’ Capi 1°.2°.3° del trattato I° a pag. 6, 12, e 13 dell’Ediz. della Minerva. Nel sommario del Tr. II si pone come figura della filosofia, Beatrice, mentre è la gentildonna. Perchè poi tal errore distrurrebbe quanto segue nel testo mio, perciò parvemi necessario rifar quel sommario, e l’ho messo come nota aggiunta in calce al volume.