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vicende d’ire e dolori, scoraggiamenti e desiderii si succedessero in lui, sarà facilmente immaginato da tutti coloro che abbiano intesa la varia natura di Dante. Fuor della quale poi, meno che mai s’intenderebbe quanto segue di lui. E’ narrato, che di ritorno da Verona ei "ridussesi tutto a umiltà, cercando con buone opere e buoni portamenti riacquistare la grazia di poter tornare in Firenze per ispontanea rivocazione di chi reggeva la terra. E sopra questa parte s’affaticò assai, e scrisse più volte non solamente a’ particolari cittadini del reggimento, ma ancora al popolo; e intra l’altre un’epistola assai lunga che incomincia: Popule mi quid feci tibi?"1 Chiaro è quindi che queste speranze di ripatriare, queste lettere conciliatorie furono di questi anni tra il

  1. Leon. Aret. Ed. Min. V, 57 - Witte Ep. II, e III. Imperciocchè, l’ultima, già da noi citata più volte, dee certamente come pur osserva il dotto Editore, porsi fra le epistole conciliatorie dei presenti anni.