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Il passaggio dalla vita attiva alla contemplativa, dalle occupazioni imposte e seguentisi dì per dì a quelle volontarie che il proprio animo solo fa assumere e continuare, dalle compagnie di guerra, dai congressi di stato, alla solitudine taciturna della cameretta di studio, è passaggio, è mutazione desiderata sovente in parole da molti uomini potenti; ma nel fatto, difficile a portar bene, e talor anche a portare. Non pochi si son veduti morirne d’inedia; molti partirne nel corpo e nell’animo, e quasi tutti scaderne nell’opinione. Pochi mantengono il loro ingegno a quel grado ove stava ed era riputato prima; pochissimi salirono a grado superiore. Solo forse Dante s’alzò di terra in cielo. Probabilmente, senza l’esilio e senza separarsi dagli esiliati, quasi secondo esilio di Dante, egli non avrebbe fatte o avrebbe fatte men bene le opere sue, e specialmente il poema; e certo quali sono queste opere tutte, salva la Vita Nova, ei le fece nell’esilio e nell’esilio appartato. Vedremo le prove ad ognuna. Qual forza nativa poi, qual confermarsi, indurarsi, ed ostinarsi gli fosse mestieri perciò; quali interni combattimenti, quali mutazioni di disegni, quali