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vinta alla vincitrice, o l’avvilirsi dinanzi a questa di niuna maniera; ma, error contrario e più pericoloso per le forti nature, l’esagerarsi nella resistenza a’ vincitori, nella fratellanza ai vinti; ondechè egli già Guelfo moderatissimo, BIanco moderato in patria, cacciato che fu per sospetto di Ghibellinismo, si fece per superbia ed ira Ghibellino. Il gran peccato di Dante fu l’ira; l’ira, che pur represse come vedremo nelle azioni, ma ch’egli sfogò in parole non che perdonategli, ma ammirate anche troppo dai posteri. "Nei nostri giorni tengono alcuni, che i giudizi di Dante abbiansi a considerare come la giustizia stessa di Dio, e che il poeta gli avesse pronunziati scevro affatto da ogni passione. Con questo prendono ad esaltare l’Alighieri; lode superstiziosa e piena di pericolo, dalla quale non havvi che un solo passo all’irriverenza1". Se Dante si fosse lasciato dormire in pace, in quella misteriosa oscurità in che s’avvolse, o in quella nebbia in cui il ritrassero gli antichi, io non mi sarei forse inoltrato tanto in questa fatica.

  1. Veltro Alleg., pag. 188.