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resistenza contro le riusurpazioni di Federigo I; un Giovanni da Procida recante oltre ogni monte ed ogni mare a tutte le corti d’Europa la fedeltà a’ suoi principi; i disegni preoccupati poi dalla sollevazione popolare; un Farinata degli Uberti felice imitator di Camillo nel difender l’esistenza della propria città; e più vicino a noi, un Cosimo de’ Medici quasi più magnifico nell’esilio, che non il figliuolo nel principato. I quali tutti e parecchi altri esilii sarebbero degni soggetti di storie generali o speciali.
Fra tanti grandi esiliati Dante fu forse superiore a tutti per l’animo inconcusso, per l’attività non che diminuita ma più che mai esaltata, per l’ingegno trovante nuove vie, per l’interno vigore con che vinse l’esterna fortuna, e s’alzò a tale altezza a che non sarebbe probabilmente giunto senza la sventura. Parvemi Dante in patria, lodevole, irreprensibile cittadino, e così il dissi. Grande ma non irreprensibile esule ora mi pare, e così dirollo. Non furono è vero i peccati di lui volgari e vili, non l’esagerazione in parte vincitrice e persecutrice, non il mutar dalla