Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
354 | CAPO DECIMOTERZO |
cevagli. Qual è la maggior bestia del mondo? — E rispondendo colui, che per l’autorità di Plinio, credeva fosse il lionfante. — Or bene, riprese Dante, o lionfante! non mi dar noia; e si partì1.
D’un altro fatto avvenuto a Dante in Firenze, ci è serbata memoria da lui stesso nel Poema. Trovandosi egli un giorno al Batistero di San Giovanni, dov' erano certi buchi, come che sia ed a qualunque uso congegnati, e vedendo entro ad uno di quelli annegare un fanciullo, egli lo ruppe per salvare la creatura; e pare che ne fosse poi accagionato come di dispregio al luogo, ovvero d'intromettersi in faccenda non sua, o chi sa altro. Ad ogni modo, egli rammenta questo fatto evidentemente per iscusarsene, non venendo del resto troppo a seconda, in un luogo dell' Inferno, dove ei paragona a que’ buchi del batistero quelli dove trova capovolti i Simoniaci:
Non mi parien meno ampi nè maggiori
Che quei che son nel mio bel San Giovanni
Fatti per luogo de’ battezzatori.
- ↑ Arrivabene Tom. II, p. 312