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delitto, e preso ad esserne condannato dall’esecutor di giustizia (il podestà o il giudice di lui), raccomandossi a Dante, che il raccomandasse a costui ch’era suo amico. Andovvi Dante com’era mandato; ma considerando l’essere l’Adimari giovane altiero e poco grazioso quando andava per la città, e spezialmente a cavallo, che colle gambe aperte tenea la via se non era molto larga, e chi passava convenìa gli forbisse le punte delle scarpette, perchè a Dante che tutto vedea sempre erano dispiacciuti siffatti portamenti, giunto che fu all’esecutore:Voi avete, disse, dinanzi alla vostra corte il tale cavaliere per lo tale delitto. Io ve’ lo raccomando; comechè egli tiene modi sì fatti che meriterebbe maggior pena. Ed io mi credo che usurpar quello del comune è grandissimo delitto. E domandando l’esecutore, che cosa era quella del comune che costui usurpava? rispose Dante:quando cavalca per la città e’ va sì con le gambe aperte, che chi lo scontra conviene si torni addietro e non puote andar a suo viaggio. Disse l’esecutore:E parti questa una beffa? egli è maggior delitto che l’altro. Disse Dante:or ecco, io sono suo vicino; io ve