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testuali; e quand’anche si trovassero in esso, dovett’essere accusa inesatta, avendo noi veduta l’improbabilità che di tal venuta si trattasse in giugno-agosto 1300, sei mesi prima della congiura di Santa Trinità, in che, secondo tutte le memorie, se ne trattò per la prima volta. Finalmente, quanto all’altra accusa di baratteria, cioè guadagni illeciti quì apposti a Dante, molto fu scritto, e inutilissimamente, a parer mio, per difenderne Dante. Siffatte accuse non determinate, aggiunte ad una principale anche vera, non sono in buona regola tenute per vere nemmeno nelle cause di delitti privati; tanto meno nelle politiche. Io non so se Dante sia stato o no barattiere; non parmi probabile dal complesso di sue virtù e suoi vizii: ma l’accusa fattagliene in causa politica da contrarii potenti, lontano esso e inudito, è per me come se non esistesse. Nè Dante se ne difese, nè vi fece allusione mai.
La seconda condanna del 10 marzo pubblicata già dal Tiraboschi1, è una conferma delle condanne date ai quattro soprannomati, e ad
- ↑ Storia della Letteratura Ital., tom. V, p. 494.