Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
erano depressi fusse chiamato, mediante papa Bonifazio ottavo, a ridirizzare lo stato della nostra città un fratello ovvero congiunto di Filippo allora re di Francia, il cui nome fu Carlo; si ragunarono a un consiglio, per provvedere a questo fatto, tutti i principi della setta, con la quale esso teneva. E quivi, tra l’altre cose, provvidero che ambascerìa si dovesse mandare al Papa, il quale allora era a Roma, per la quale si inducesse il detto Papa a dovere ostare alla venuta del detto Carlo, ovvero lui con concordia della detta setta la quale reggeva, far venire. E venuto a deliberare chi dovesse esser principe di cotale legazione, fu per tutti detto, che Dante fusso desso. Alla quale richiesta, Dante alquanto sopr’a sè stato, disse:Se io vo, chi rimane? e se io rimango, chi va? quasi esso solo fusse colui che tra tutti valesse, e per cui tutti gli altri valessono. Questa parola fu intesa e raccolta; ma quello che di ciò seguisse non fa al presente a proposito, e però passando avanti, il lascio stare1". E che ne seguisse, non ci è detto altrove dal Boccaccio,
- ↑ Bocc., Vita di Dante, pp. 78, 79.