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che s’accordino tutti: ondeche, chi vuoi servire alla bellezza del la narrazione, suol fare certezze delle incertezze; ma chi vuoi seguir verità prima d’ogni cosa, forza è che dica le cose certe come certe, e le dubbie come dubbie, e così nuoccia alla scorrevolezza della narrazione. Mi perdonino i leggitori di non saper essere se non degli ultimi; e massimamente tentando io, quasi primo, d’ordinare quei fatti1. E mi perdonino poi, di recar qui più che mai gli squarci originali. Ei mi si dirà forse che non fo guari più che trascrivere; ma io non ho cuore di mettere parole mie in luogo di quelle di tali storici contemporanei, i quali sono insieme i più efficaci scrittori di nostra lingua. Del resto, e il Serassi nella Vita del Tasso, e molti oltremontani in quella qualità di storie che chiamano Memorie, mi hanno dato l’esempio.
Quali fossero i Donati e messer Corso lor capo, quali i maleficii di lui nella propria famiglia contro i consorti, quali forse le sue soverchierie a Dante suo affine, e quali certo

  1. Il Dionigi nella Preparazione alla nuova Ediz. di Dante, ha pur fatta tal narrazione. Vedi Tom. I, cap. IV-XV.