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dal Boccaccio con parole, secondo il solito suo, declamatorie, e troppo diverse dalla perspicuità del Villani o del Compagni. Imperciocchè, dopo quelle generalità da noi recate sui matrimonii de’ filosofanti, ei continua: "Natura generale è delle cose temporali, l’una l’altra tirarsi dirieto. La famigliare cura trasse Dante alla Repubblica; nella quale tanto lo avvilupparono i vani onori che a’ pubblici uffizi congiunti sono, che senza guardare donde s’era partito o e dove andava, quasi al tutto con abbandonate redini al governo di quella si diede. E fugli in ciò tanto la fortuna seconda, che niuna legazione si ascoltava, o a niuna si rispondeva, niuna legge si riformava, a niuna si derogava, niuna pace si faceva, niuna guerra pubblica si prendeva, e, brevemente, niuna deliberazione la quale alcun pondo portasse si pigliava, se egli in ciò non dava la sua sentenza1". Lasciamo stare quest’altro rincrescimento del Boccaccio, che Dante al peccato d’ammogliarsi abbia aggiunto quello di pur darsi a’ pubblici uffizi; e lasciamo le risposte pur
- ↑ Boccaccio, Vita di Dante, p. 29.