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che bastano a ritrarci in Piccarda una di quelle dolci e celestiali creature femminili che egli Dante, e dopo lui Shakespeare, seppero soli forse disegnare.

Ed io all’ombra che parea più vaga
Di ragionar, drizzammi, e cominciai,
Quasi com’ nom cui troppa voglia smaga:

O ben creato spirito, che a’ rai
Di vita eterna la dolcezza senti,
Che non gustata non s’intende mai,

Grazioso mi fia se mi contenti
Del nome tuo, e della vostra sorte.
Ond’ella pronta e con occhi ridenti:

La nostra carità non serra porte
A giusta voglia, se non come quella
Che vuoi simile a sè tutta sua corte,

Io fui nel mondo vergine sorella;
E se la mente tua ben si riguarda,
Non mi ti celerà l’esser più beltà,

Ma riconoscerai ch’io son Piccarda,
Che, posta qui con questi altri beati,
Beata son nella spera più tarda.

Li nostri alletti, che solo infiammati
Son nel piacer dello Spirito Santo,
Letizian dal suo ordine formati;