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l'ultimo; posciache il Poeta si meraviglia di vederlo già su pel monte, e non tra le anime che aspettano a falda tanti anni, quanti ne indugiarono a pentirsi al mondo. Imperciocchè tale è la legge del Purgatorio stabilita da Dante, che ne trae i versi seguenti pieni d’affetto e dolcezza agli amati da lui, e pieni poi, subito dopo, di non meno bella ira ed amarezza contro ai mali costumi contemporanei. È contrasto solito nel nostro Poeta, grande del paro nelle due facoltà opposte di sentire.
Forese, da quel di
Nel qual mutasi mondo a miglior vita,
Cinqu’anni non son volti indii o a qui.
Se prima fu la possa in te unita
Di peccar più, che sorvenisse l’ora
Del buon dolor ch’a Dio ne rimarita;
Come se’ tu quassù venuto l’Ancora
Io ti credea trovar laggiù di sotto,
Dove tempo per tempo si ristora.
Ed egli a me: si tosto m’ha condotto
A ber lo dolce assenzio de’ martiri
La Nella mia col suo pianger dirotto.
Con suoi prieghi devoti e con sospiri
Tratto m’ha della costa ove s’aspetta,
E liberato m’ha degli altri giri.
Tant’è a Dio più cara e più diletta
La vedovella