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Nè di calore, come l’altre face,
Ma solo fu sua gran benignitate.
Che luce della sua umilitate
Passò li cieli con tanta virtute,
Che fe maravigliar l’eterno Sire;
Sì che dolce desire
Lo giunse di chiamar tanta salute,
E fèlla di quaggiuso a sè venire,
Perchè vedea ch’ esta vita noiosa
Non era degna di si gentil cosa.

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E spesse fiate pensando la morte,
Viènemene un desio tanto soave,
Che mi tramuta lo color nel viso;

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E si fatto divento,
Che dalle genti vergogna mi parte.
Poscia, piangendo sol nel mio lamento,
Chiamo Beatrice, e dico: or se’ tu morta!
E mentre ch’io la chiamo , mi conforta.

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E però, donne mie, per ch’io volesse,
Non vi saprei dir bene quel ch’io sono;
Sì mi fa travagliar l’acerba vita,