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Bologna, e si toglievano i maestri e gli scolari, accrescendo a vicenda stipendii e privilegi. Sono curiose a vedere queste lotte, e l’uso (ridotto ora a Germania) delle lezioni private, aggiunte alle pubbliche da’ maestri che ne arricchivano. Trovo recate dal grave Tiraboschi le parole con che Odofredo terminava un suo corso di Digesto; e sono in latino cosi grosso, che non occor tradurlo. "Et dico vobis, quod in anno seri quanti intendo decere ordinarie, bene et legaliter, sicut unquam feci. Non credo legere extraordinarie, quia scholares, non sunt boni pagatores; quia volunt scire, sed nolunt solvere, a iuxta illud: Scire volunt òmnes, mercedem solvere nemo. Non habeo vobis plura dicere; eatis cum benedizione Domini1". Ma, a malgrado di siffatte lagnanze e degli sforzi delle altre città, lo Studio di Bologna raccoglieva dieci mila scolari d’ogni nazione, al tempo del medesimo Odofredo, verso il principio del secolo XIII; nè è ragione di credere che n’ avesse meno al tempo non molto lontano di Dante. Ne erano d’Italiani e stranieri; e vi si studiavano

  1. Tirab. IV, 54.