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rato, pare studiò filosofia fxj. Io seguito si partì per Padova. Di nuovo poi tornato a Verona, per le molti pi i ci cure dell’esilio da varii pensieri era fortemente travagliato. E poiché fecesi accorto , dii ogni lato venirgli tronca la speranza del ritorno, che sempre più svaniva, rimettersi in grazia coi libri, al dir di Tullio, deliberò; ai quali molti anni prima a cagion del governo della Repubblica, poi delle civili discordie, in fine par le traversie dello esilio, avea già diuturna guerra intimato.

Perchè l’Etruria, e tutta Italia abbandonata a sola cagione degli studii, portossi a Parigi.

In quella certamente per comuue consentimento, p’rù che in qualunque altra parte dell’Orbe, riguarda vansi come più celebri gli studii delle divine ed umane cose. Quivi messo da banda tutto altro, assidua, ed infàtigabile opera diede agli studii delle divine e naturali scienze, nelle quali tan»

to progredì a buon succea&o, che in ispessissi me dispute sulle cose predette,* secondo l’usanza della città, soventi volte per uiìa ni me applauso vantaggiò e grandi Filosofi, e rinomati Teologi. Mentre intanto a siffatti studii di umanità quieto, e sicurissimo vivea dedito, ecco, che un nuovo pensamento, siccome è proprio de la nostra frale instabil natura, vennegli in mente, che troppo importunamente quei suoi tranquilli e divini studii sturbò, e confuse. Imperciocché Arrigo scelto di recente, e legittimamente allo Impero, ed Augusto Imperadore per universa! consentimento dei popoli chia*