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quali volgarmente chiamavasi dei Guelfi, l’altra dei Ghibellini, che variamente, e scambievolmente contrastando, assai più si vedea prevalere il partito dei Guelfi, relegati in parte gli avversarj, e gittati in calamità quei, che vi rimanevano. Nulladimeno in questi stessi tempi, in cui siffattamente i Guelfi signoreggiavano, altra fazione, oltre le due poco anzi rammemorate, derivando da Pistoja, al tempo stesso del Priorato, nel seguente modo surse in Firenze. Era in Pisioja una certa razza più di ogni altra eccellente, e nobile in vero, detta comunemente dei Cancellieri dall’autor medesimo della schiatta; i componenti questa famiglia, insorte dapprima discordie tra loro, in parti si scissero. Indi a poco provocandosi a vicenda con grande nimistà d’ambi i lati, si venne finalmente alla effusion di sangue civile. Dacchè tutta Pistoja in due si divise, questi Bianchi, quelli Neri con nomi affatto nuovi, come suole accadere, volgarmente ai chiamavano. Peraltro i Fiorentini ciò vedendo, e a mal grado sopportando, che sí bella, e sí vicina città per le civili dissensioni soltanto, fosse fuor di dubbio in pericolo della strema sua ruina, presane cura, i capi faziosi ammonirono in quella, ed avvicinatigli, a Firenze gli condussero. Alcerto questo conducimento dei Pistojesi cominciò dapprima a corrompere Firenze; poco dopo a guisa di contagio quasi l’intera città infettò; poichè alcuni coi Bianchi, altri, che bisogno di parole a provarlo? parteggiavan coi Neri. In fine