sbucò un temerario sorcio di una grossezza straordinaria, proprio di quelli dell’antico sinedrio di quegli orrori sotterranei. La prima persona cui sortì sotto le ginocchia, e girò attorno, donnescamente impaurita si mise a gridare; accorsero servitori, si fece rumore; quello si mise a saltare di banco in banco cacciato e disperato. Tutte quelle femmine dilicate erano a scompiglio e grida. Il sorcio saltò addosso ad alcune, ad altre si arrampicò alle gambe; allora tutto fu tumulto, sussurro, caccia, strepiti come ad invasione o saccheggio militare. Cecilia era in mezzo, il sorcio girò, saltò d’intorno a lei, si chiamò essa, e Contessina Contessina si gridava. Altre d’intorno a lei smorte prendevano spiriti odorosi, parte partivano, e la Contessina (titolo d’allora) in ginocchio, ritta sulla vita, colle mani incrocicchiate sul petto, colla testa china profondamente, col velo calato, mai non s’è mossa, mai