In tal modo Jeli, il guardiano dei cavalli, perdette il pane, perchè giusto in quel punto sopravveniva all’improvviso una carrozza che non si era udito prima, mentre saliva l’erta passo passo, e s’era messo al trotto com’era giunta al piano, con gran strepito di frusta e di sonagli, quasi la portasse il diavolo. I puledri, spaventati, si sbandarono in un lampo, che pareva un terremoto, e ce ne vollero delle chiamate, e delle grida e degli ohi! ohi! ohi! di Jeli e del ragazzo prima di raccoglierli attorno alla bianca, la quale anch’essa trotterellava svogliatamente, col campanaccio al collo. Appena Jeli ebbe contato le sue bestie, si accorse che mancava lo stellato, e si cacciò le mani nei capelli, perchè in quel posto la strada correva lungo il burrone, e fu nel burrone che lo stellato si fracassò le reni, un puledro che valeva dodici onze come dodici angeli del paradiso! Piangendo e gridando egli andava chiamando il puledro — ahu! ahu! ahu! — che non ci si vedeva ancora. Lo stellato rispose finalmente dal fondo del burrone,