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34 | jeli il pastore. |
svolse il batuffoletto e spiegò la carta che s’era fatta scrivere.
— È proprio vero che dice Mara; l’ha letto pure don Gesualdo, il campiere, e fra Cola, quando venne giù per la cerca delle fave.
— Uno che sappia scrivere, osservò poi, è come uno che serbasse le parole nella scatola dell’acciarino, e potesse portarsele in tasca, ed anche mandarle di quà e di là.
— Ora che ne farai di quel pezzetto di carta, tu che non sai leggere? gli domandò Alfonso.
Jeli si strinse nelle spalle, ma continuò ad avvolgere accuratamente il suo fogliolino scritto nel batuffoletto dei cenci.
La Mara l’aveva conosciuta da bambina, che avevano cominciato dal picchiarsi ben bene, una volta che s’erano incontrati lungo il vallone, a cogliere le more nelle siepi di rovo. La ragazzina, la quale sapeva di essere «nel fatto suo», aveva agguantato pel collo Jeli, come un ladro. Per un po’ s’erano scambiati dei pugni nella schiena, uno