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24 | jeli il pastore. |
mati il cane! ohè, chiamati il cane; oppure: — Tirami una buona sassata allo zaino, che mi fa il signorino, e se ne viene adagio adagio, gingillandosi colle macchie del vallone; oppure: — Domattina portami un ago grosso, di quelli della gnà Lia.
Ei sapeva fare ogni sorta di lavori coll’ago; e ci aveva un batuffoletto di cenci nella sacca di tela, per rattoppare al bisogno le brache e le maniche del giubbone; sapeva anche tessere dei treccioli di crini di cavallo, e si lavava anche da sè colla creta del vallone il fazzoletto che si metteva al collo, quando aveva freddo. Insomma, purchè ci avesse la sua sacca ad armacollo, non aveva bisogno di nessuno al mondo, fosse stato nei boschi di Resecone, o perduto in fondo alla piana di Caltagirone. La gnà Lia, soleva dire: — Vedete Jeli il pastore? è stato sempre solo pei campi come se l’avessero figliato le sue cavalle, ed è perciò che sa farsi la croce con le due mani!
Del rimanente è vero che Jeli non aveva bisogno di nessuno, ma tutti quelli della fattoria avreb-