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jeli il pastore. | 23 |
colo dei cavalli, e le allodole che trillavano in alto, al caldo, nell’azzurro! le belle sere di estate che salivano adagio adagio come la nebbia; il buon odore del fieno in cui si affondavano i gomiti, e il ronzio malinconico degli insetti della sera; e quelle due note dello zufolo di Jeli, sempre le stesse — iuh! iuh! iuh! che facevano pensare alle cose lontane, alla festa di San Giovanni, alla notte di Natale, all’alba della scampagnata, a tutti quei grandi avvenimenti trascorsi, che sembrano mesti, così lontani, e facevano guardare in alto, cogli occhi umidi, quasi tutte le stelle che andavano accendendosi in cielo vi piovessero in cuore, e l’allagassero!
Jeli, lui, non pativa di quella malinconia; se ne stava accoccolato sul ciglione, colle gote enfiate, intentissimo a suonare iuh! iuh! iuh! Poi radunava il branco a furia di gridi e di sassate, e lo spingeva nella stalla, di là del poggio alla Croce.
Ansando, saliva la costa, di là dal vallone, e gridava qualche volta al suo amico Alfonso: — Chia-