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198 | pentolaccia. |
colezione; e se si deve fare come fa il fattore il sabato sera che dice a questo: — Cosa ti viene per le tue giornate? — e a quell’altro: — Tu che hai fatto nella settimana? — non si può lasciar «Pentolaccia» senza dirgli il fatto suo, un brutto fatto in verità, chè gli avevano messo quel bel nomignolo per la brutta cosa che sapete.
Già si sa che la gelosia è un difetto che l’abbiamo tutti, chi più chi meno, e per questo i galletti si spennacchiano fra di loro prima ancora di mettere la cresta, e i muli sparano calci nella stalla. Ma quando uno non ha mai avuto questo vizio, e ha chinato sempre il capo in santa pace, che sant’Isidoro ce ne scampi, non si sa capire come abbia a infuriare tutt’a un tratto, al pari di un toro nel mese di luglio, e faccia cose da matto, come uno che non ci vegga più dagli occhi pel mal di denti; chè quelle cose lì sono appunto come i denti, che dànno un martoro da far perdere la ragione allorchè spuntano, ma dopo non dànno più noia, e servono a masticare il pane; e