Pagina:Vincenzo Bellini (Calcedonio Reina).djvu/33


BELLINI 31

delirio! La regina degli Inglesi gli donava ricco anello, e prezioso pugnale una Bonaparte.

Eccolo a Parigi, innanzi al gigante dell'arte dei suoni: Bellini e Rossini, i due che da lontano si contemplavano attraverso gloriosi lampeggiamenti, i di cui nomi ogni giorno, ogni sera, in Italia, in Europa, la gente univa d'un istesso legame, per consegnarli insieme ai secoli. L'uno proclamato rinnovatore e padre dell'arte moderna, col rumore degl'inni possenti, in tutta la severa e festanto dignità d'un Nume. L'altro, nella fresca e bionda sembianza di fanciullo, Signore delle anime, con una nota, che è la stessa Soavità. Si videro da presso, ai compresero.

Bellini lo pregava di concedergli la sua grazie: «Ma io ti voglio bene». «Sì, mi volete beno, ma bisogna volermene di più». Sorrise e l'abbracciava Rossini; gli cadde il fine e geniale motteggio, e di parole amorevoli lodò e confortò quell'anima eletta.

All'altezza del Pesarese il Siciliano si credeva pigmeo; voleva che tutti s'inchinassero al Guglielmo Tell come alla Divina Commedia dei suoni.