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20 C. REINA

ciò che la melodia belliniana fu capace di manifestare, tutto ciò che l’arte dei suoni può dare nella semplicità dell’Idillio, tutto ciò che può commuovere e commuoverà mai sempre l’anima umana. Amina muove, dormendo, sul’orlo del periglioso mulino, e, sognando, geme nella candide vesti, entro le stanze altrui, sull’amore per poco crudele. Elvino, geloso, rimpiange l’anello nuziale di che l’inanellava con le promesse più lusinghiere, con le raccomandazioni più sacre che labbro sincero e onesto possa esprimere. Il coro dei contadini ingenui e superstiziosi che la figura bianca e leggera della sognante fanciulla credono pauroso fantasma, la canzone ineffabile, attinta dal labbro del popolo ed al popolo ritornata dalle mani del Genio, con la quale la derelitta confida alle viole la sua pena senza conforto.... o care voci, celesti risonanze, fiore di passione immortale!


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È la sera del 16 dicembre 1831. A tarda notte Bellini rincasa: lo sgomento, il dolore, l’angoscia, lo strazio dell’amor proprio lo invadeva da