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la villa vittadini in arcore

La villa è a cinque minuti dal paesello di Arcore, presso Monza. In mezzo ad ameni giardini ornati di antiche sculture, dominando da un lato una fitta boscaglia, dall'altro una grande distesa tagliata perpendicolarmente da un lungo viale, sorge la palazzina, costruita dal conte Cazzola, sul finire del cinquecento dal Pellegrini e poi fatta rimaneggiare dai Durini coll'opera del Richini nel 1630, ed ancora coll'opera dell'Amati nel 1812.

scultura decorativa del giardino. Lo stile architettonico e la distribuzione dei locali richiamano alla mente il sistema del Palladio: nella fronte principale un corpo centrale a loggiato in entrambi i piani, con archi su colonne appaiate, ed attorno, per tre lati, gli ambienti di abitazione. Se non che — mentre le ville palladiane sembran fatte tutte per dei giganti ed anche quelle più piccole serban proporzioni tali da risultare più dei chioschi colossali che delle abitazioni — in questa del Pellegrini è risolto il problema della villa signorile italiana per una famiglia di poche persone, la quale intenda condur vita agiata senza tuttavia sfoggiare sfarzo principesco.

Il culto dell'arte, e sovratutto di quella del passato, già si annuncia dal cancello d'ingresso e dai giardini, adorni di sculture decorative dei secoli scorsi. Attraversiamo il primo piccolo giardino ed entriamo nella palazzina.

Nel grande vestibolo ad atrio terreno, ora chiuso da vetrate, ci facciamo subito un'idea del campo vastissimo del raccoglitore, mobili e cose d'arte di parecchi secoli; e ci formiam pur subito un concetto del suo gusto finissimo, non solo nel scegliere ed acquistare, ma altrettanto nel collocare e mettere in bella mostra. Stalli antichi intagliati, statuette di alabastro, figurine in terracotta, una portantina veneziana del settecento molto ricca (e difatti era appartenuta alla gentildonna Caterina Dolfin-Tron, della famiglia dogale dei Tron). Tutto questo ed altro ancora, è distribuito così bene che si circola frammezzo facilmente e si trovan anche poltrone e divani per riposare ed un gran tavolo colmo delle pubblicazioni artistiche periodiche più in voga in Italia ed all'estero. Dal lato stretto di destra si entra in una saletta adorna nelle pareti di quadri del Romanino, del Guardi e del bergamasco fra Galgario, del quale anzi c'è pure l'autoritratto. Sui mobili e nelel vetrine, candelabri di porcellana, vasi antichi di peltro, un trionfo da tavola in cristallo ed una serie di statuette in maiolica smaltata di Pavia, rappresentanti le sette maschere italiane.

L'atrio e la saletta di destra non sono che un preludio; or comincia la serie degli ambienti, che costituiscono il sogno compiuto di una palazzina signorile, ricca di opere d'arte del passato ma pur ricca del comfort, delle intime piacevolezze dell'home.

Questa sensazione si prova difatti sin dal limitare della sala successiva: un'aura di vita elegante ma famigliare spira dal mobilio, dai tavolini coperti di ninnoli e di fotografie; qua e là qualche quadro antico: un ritratto di mano di Jacopo Tintoretto, un paesaggio di Paolo Brill.


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