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il castello sforzesco di milano

denso di avvenimenti e ricco di episodi. Quella capitolazione passò nella storia come l’esempio di uno dei più vergognosi tradimenti. Con ingente sacrificio di denaro, e con un lavorìo durato senza alcuna tregua per mezzo secolo, gli Sforza avevano riedificato e messo in condizione di valida difesa il Castello di Porta Giovia, “da cui — come confessava Lodovico il Moro — dipende la conservazione de tutto el Stato nostro„; ed il Corio, ch’ebbe a giudicare questo Castello “il più superbo e forte che sia in terra piana, per tutto lo universo„, narra come con mille ed ottocento artiglierie, e con infiniti approvvigionamenti lo avesse munito Lodovico nel 1499, per resistere all’esercito invasore di Luigi XII.

Stava alla custodia del Castello, fin dal 1492, Bernardino da Corte, destinato dal Moro a quel posto “per la fede, integritate et sufficientia sua„. Impaurito per l’appressarsi delle truppe francesi condotte da G. Giacomo Trivulzio, e per i sintomi di rivolta nella città, Lodovico il Moro, ai primi di settembre, abbandonava precipitosamente Milano per correre ad invocare l’aiuto dell’imperatore Massimiliano: prima di partire, baciava il castellano, promettendo di venire in suo aiuto entro tre mesi: e tanta era in lui la fede in una lunga e disperata resistenza del Castello, che nel compilare la nota dei segnali coi quali il castellano doveva, durante l’assedio, far sapere tutti i bisogni della difesa, prevede i vari casi pei quali nel Castello abbia a mancare il vino, il pane, l’olio, persino il formaggio; per il quale ultimo caso, prescriveva che dalla torre si mostrasse un guardacuore: e qualora il castellano dovesse “significar mancamento di scarpe per i fanti, mostrasse una calza verde di donna, due volte„.

Malgrado tale preparazione alla resistenza, era destino che il Castello di Porta Giovia, senza neppure simulare il minimo atto di resistenza, avesse ad abbassaresala degli “scarlioni„ - la statua giacente di gastone de foix. il ponte levatoio per accogliere i Guasconi capitanati dal Trivulzio, il rivale di Lodovico il Moro.

Il popolo milanese non esitò a riversare sul castellano tutta la infamia del tradimento: lo stesso Luigi XII, allorquando entrò in Castello, e “lo vide così bello et fortissimo et bene fornito de artelaria, molto restò meraveliato, et grandemente improperò quello nuovo Juda de Bernardino da Corte, con dire mai non doveva dar via sifatto palazzo„. Lancino Curzio non risparmiò i suoi epigrammi, tanto per il traditore, che per la dabbenaggine di Lodovico il Moro, il quale, contro il parere de’ suoi famigliari, si era ciecamente fidato nel castellano. Sulle condizioni della resa, e sul prezzo del tradimento, ben poco ci venne


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