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62 VICRAMÒRVASI. — ATTO IV. In formo di liana Avria tutto cangiato il suo sembiante: H che null’altro, eccetto duella vivida gemma un di prodotta Dal rosso piè di Càuri, alfin l’avrebbe AU’imagine prisca ricondotta. Io col senno turbato, Quando il maestro mio mi maledisse, — Il precetto divin dimenticato — Fin qui mi trascinai In questo bosco orrendo, che a donzella Concesso di varcar non fu giammai! Ma non v’entrai — ch’a un tratto Mi vidi tramutare In liana, del bosco al limitare! Pururàvasa. Se temevi per me quand’io dormiva Stanco dal gaudio, o bella, a tc daccanto, Or che fosti di me si a lungo priva, DI, come regger tu potesti a tanto? Stretta in pugno ho la gemma Che congiunge gli amanti [mostra la gimmo) Urvàsi. Che mai? La gemma del connubio detta? Perciò tornata, o mio signor, son io Stretta fra le tue braccia all’esser mio! PURURÀVASA (adattando la gemma sulla fronte d'Urvdsi). Or che la gemma brilla Sulle tue chiome, quel gentil sembiante Più fulgido sfavilla Siccome un fior di loto rosseggiante. Urvàsi. Pururàvasa. Urvàsi. Pururàvasa. Lusinghiero ! — Ma pur, da lungo tempo Già, noi da Pratistàna siam partiti : Su via, torniamo adunque Chè ornai crucciati i sudditi saranno Or fa quel chc ti pare. Hd in qual guisa il re desia tornare? Su quella lieve nuvola Che come carro ondeggia, Tu pel sentier dell’aere Conducimi alla reggia: Intorno ad essa brilli L’iri nel ciel sereno, E siano i suoi vessilli I guizzi del baleno! VICRAMÒRVASI. —