Pagina:Vicramorvasi.djvu/60

ATTO IV. 59 (il avvicina eongisingendo le mani alla fronti) « L’hai tu veduta la diletta mia? In fondo al bosco hai visto la mia bella? Se brami or tu che un suo segnai ti dia, « Grand’occhi ell’ha come la tua gazzella. » ^ (o«mando) Che? Senza dare ascolto Al mio folle lamento * Solo all’amata egli ha lo sguardo intento! Vero è l’antico detto — oh ben lo veggio — « Ch'è la grave sciagura Segno all’altrui dileggio! » — (avanzandoli) Ed io m’addentro ancor nella foresta Ahimè ! Che vedo mai ? Del suo passaggio altra vestigia è questa ! Ecco, alfin dal rotto calice, Tra le fronde porporine, Di Cadàmba il fior qui schiudcsi Che d’estate annunzia il fine, Il bel fior di chc adornavasi La mia bella il lungo crine. (aggirandoli id osservando) Chc sarà mai quella rossigna scheggia Chc dal crepaccio di quel verde masso SI vivida rosseggia ? Non è sanguigna carne che sfavilla D’un elefante da lion già vinto? Il fulgore non è d’ignea scintilla? No, chè la piova già l’avrebbe estinto. Questa è una gemma chc rosseggia e brilla Al par d’Asòca in florido recinto, E, perchè trarla da quel masso or vuole. Par che col raggio la saetti il sole. (s'inchina per raccoglierla). (strofa) =|| Soltanto all’amata legando ogni affetto, Con l’occhio già reso dal pianto più fosco, Dai lunghi travagli crucciato l’aspetto, L’eccelso elefante s’aggira nel bosco. ||= A la gentil chc le ricciute anclla Orna co’ fior* dell’albero divino Io voglio porre in su la fronte bella Tra i vaghi fiori il fulgido rubino: Ma la bella or non trovo ; e non vorrei Questa gemma offuscar coi pianti miei ! (la getta via)