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48 VICRAMÒRVASI. — ATTO IV. (strofa) (osservando) Di baleni dorati il nembo adorno E sul mio capo il padiglion del trono; I rami chc la brezza Agita intorno Di penne e gemme i miei Gabelli sono; II bel pavone, or che inen caldo è il giorno, È il mio giullar col suo stridente suono; L’acque che scendon giù dal monte al piano Mercanti son che glungon di lontano. Sia pur; ma a me che vale La pompa del corteggio, Se colei che ho perduto e vo cercando Qui, nel bosco solingo ancor non veggio? =31 Dal corso già stanco l'eccelso elefante Rapito alle gioie dei teneri amori, Trafitto dal duolo rivolge le piante All’erta silvestre smaltata di fiori. ||r= (guardando intorno con gioia) Alfine son contento! Che, mentre son qui tutto Ne* propositi miei saldo ed intento, Mi veggio maturar qualche buon frutto! Questi fior’ di Candàlia a me presenti Che brinati hanno i lembi e rosseggiami, Fan si che quei begli occhi io mi rammenti Rossi dall’ ira e da’ suoi caldi pianti ! Venne forse di qua? Per pormi almeno Sulla traccia di lei In sì vasto camtnin, che far dovrei ? Se il piè fin qui sospinto La mia diletta avesse, Del piè di lacca tinto Vedrei le tracce impresse, Or che di pioggia è molle L’arena in queste zolle. Qui, certo, avrei sorpreso Segni nel suol profondi, Per l’ondeggiante peso De’ fianchi suoi ritondi ; Ma traccia non si vede Di quel vezzoso piede. VICRAMÒRVASI.