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VASI. — ATTO IV. Saiiagiània. Citralèca. Saiiagiània. Pururàvasa. Ma di' : v’ha qualche mezzo per riunirli ? Un solo: La gemma del connubio, che scintilla sul suolo Di color rosso nato dal sanguinar dei piedi Di Giuri ; ed oltre questo, null’altro v’è. Ma credi Tu che gente siffatta, di si eccelsa natura, Possa restare a lungo soggetta alla sventura? Ohi venir dee per certo qualche aita che faccia Ritornar quel demente signore fra le braccia Della sna fida amica; purtroppo ho questo in mente! Presto, al culto di Sùrya, signor dell’oriente. (strofa) =|| Il cigno nel lago leggiadro si duole Tra’ fiori di loto dischiusi dal sole ; E mentre alle sponde gemendo s’avvia L’amata compagna nel lago desiai ||= (finisci l'introduzione). (dietro la scena, strofa introduttoria di PURURÀVASA). =|| Gii furibondo il sir degli elefanti, Poiché la dolce amica a lui fu tolta, Slanciando va le forti membra innanti In fra li arbusti della selva folta, Col grave corpo, per furor gii bieco, Va tralci e fiori trascinando seco. ||= (il re, forsennato, entra col guardo fisso nell'aria), O ricsaso perverso, oli, t’arresta, T’arresta; ove ten’ vai, Trascinando l’amica mia diletta? (osservando) Oh 1 perchè mai balzando in su la vetta Dell’erta rupe, il ricsaso malvagio Dall’alto mi saetta? (afferra una zolla e si avventa per colpirlo). (dalla scena, strofa) =|| Il giovine cigno che il vivo dolore Del bene perduto nasconde nel core. Con l’umide ciglia dal pianto disfatte, L’immobile lago con l’ali dibattei 11=