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i. Pururàvasa. Manàvaco. Pururàvasa. Manàvaco. Pururàvasa. Urvàsi. Pururàvasa. VICRAMÒRVASI. — ATTO III. Vedi — i raggi lunari Mi fan beato col candido lume: Per me graditi al pari I dardi or son dell’amoroso nume; Ed ogni cosa in pria Aspra ed avversa a la mia dolce impresa, Or che tu sci già mia, Ogni cosa benigna a me s'ò resa! Son io, signor, ben ria : Ché tanto a lungo desiar mi feci! No, non dirmi cosi, diletta mia Un mal chc alfine sia disfatto, in bene Dopo lungo soffrir cangiar si suole: Più — dell'ombra il ristor grato diviene A quei che prima s’è bruciato al sole. A lungo tu, signora, hai venerato I raggi del dio Ciàndro; 4 tempo ornai Di ritornar Tu stesso La via le additerai. Di qui, di qui, signora O mia vezzosa, ed ora È questo il mio desir Dimmi, che brami? Qnand’era privb il cor d’ogni contento, L’ore notturne, ahimè ! nel mio martire. Addoppiandosi ognora a cento a cento, Parea che non volesser mai finire 1 Se così lungo è stato il mio tormento, Or che in te vo’ far pago ogni desire Oh ! pur ora la notte eterna sia, Mentre ti son d’accanto, Urvàsi miai (/avvialo). (FINISCE IJ. 3° ATTO).