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nàvaco. Pururàvasa (dando di presagio). Manàvaco. URVÀSt (guardando] si stessa). Citralèca. Urvàsi. Citralèca. Urvàsi. Citralèca (ira si). Urvàsi. ClTRAL. (alenando). VICRAMÒRVASI. — ATTO III. Viva ha un’asia d’amor l’alma inquieta ; Ma poi clic di raggiungere Quel ben ch’ella desia tutto le vieta, Più cresce in essa l'impeto: Lo stesso awien sovente Allo sboccar di rapida fiumana Cui rotta è la corrente Da varchi angusti e da rocciosa frana. Son cosi le tue membra illanguidite, Che — senza aver più cibo — or ben potresti Unirti con le Apsàrase celesti I un segno] Or clic da tanti affanni oppresso giaccio. De' tuoi detti speranza in cor mi viene: Cosi mi dà a sperar questo mio braccio Col frequente sussulto di sue vene. Augurio di Bramàu non vien mai meno! (vengono per la via del cielo URVÀSI con ricco abito e Citralèca). Si ricca veste, affi, mi sta a pennello, Di gemme adorna rilucenti e rare; Nè meglio mi può star questo mantello Colore di zaffiro. Per farti elogi, inver, non ho parole ; Essere il re vorrei per ammirarti I Ahimè! non so che far: tu a me lo guida! Ovver, se più t’aggrada, or me conduci Di quel beato sir uc la dimora. Ma, forse non sai tu che noi siam giunte Alla magion del re? Come la vetta Di Cailisa eccelso, il suo palagio Nell’onda tersa dell’albor lunare L'aurato guglie e i culmini riflette. Col tuo potere arcan sappimi dire: Ov'è quel rubacuori e che mai pensa? Orben, vo’ farle una burletta..... (ad alta voce) senti, Mia fida Urvàsi, io lo discerno alfine: In loco di diletto Ei se ne sta volgendo in suo pensiero Il piacer d’un incontro desiato. Taci, il tuo detto non mi tocca il core, Che già da lui mi fu rapito. Oh! intendo. Dopo d’aver fra te fantasticato Tu vorresti di me prenderti gioco! Or ben quel tuo Ragiàrsi