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VASI. — ATTO l. Oh si che un gran favore Hai reso ad Indra, o re, col tuo valore: Fu Naràyana il pio que’ ch’altra volta Per darla ad Indra a la gentil diè vita; Dalla man dei Danàvi alfin ritolta, Or di nuovo da te gli vien largita. Pur, mio non è di si bell’opra il vanto: Indra fulmineo ha tal valor clic strugge Per man de’ suoi l’orde nimiche in guerra ; SI dagli spechi di llon che rugge L’eco sonora gli elefanti atterra. Sempre modestia l’eroismo abbella! Or odi, amico mio : Di veder Satacràto Non mi par tempo, invero; Però tu stesso la vezzosa ninfa Reca al cospetto dell’augusto dio. Come t’aggrada; andiamo (tulli ti avviano). Oh Citrali:ca I Al benefico sir come poss’io Dire in tal punto: addio? Tji per me gli favella ClTRALÈCA (apprettandoti al re). Augusto sire, Or che l’amica Urvàsi Toglie da voi commiato, Vi fa saper che della vostra gloria Nel mondo degli dei Eterna serberà cara memoria! Pururàvasa. A rivederci, dunque (coti tulli insieme ai Gandann imitano la tali! Urvàsi (imitando l'impe-] Ahimè! La sciarpa [tu aria dimento di albani). Dai gemmati fiorami Qjii d’un viticchio s’impigliò tra i rami Su, Citralèca, a districarla vieni. Citral. (ottervando e torridi). Che posso farti? S’impigliò per bene! Urvàsi. Bando alla celia : slegala, su via Citralèca. Fadl cosa non è; pur, vo’ tentare. Urvàsi. E pure questi detti Avrai da ricordar, carina mia! Pururàvasa (fra ti). Qual fai, liana, a me cosa gradita Che ancor per un istante Qui la rattieni nella sua partita! Si che a metà vèr me quel bel sembiante Dal curvo sopracciglio ancor si giri, Si che pure una volta io la rimiri I Pururàvasa. Citraràta. Pururàvasa. Citraràta. Urvàsi. VICRAMÒRVASI. —