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LIBRO TERZO


parte è a lui pervenuta, ed è da lui riprodotta, nella forma peculiare della storiografia primitiva, ossia per miti (e miti già abbastanza alterati e corrotti dalla tradizione); ma ciò non toglie che il nucleo di quei miti siano fatti realmente accaduti. I due poemi, quindi, sono anche «due grandi tesori del diritto naturale delle genti greche», ossia due insigni documenti della storia (specialmente sociale) della Grecia durante il periodo eroico.

La tesi filologica, che il V. dice risultato dalle due precedenti, da lui conseguito intuitivamente, senza che se lo fosse mai proposto, consiste nella riduzione di Omero a carattere poetico, ossia a mito. Riduzione, per altro, che il nostro filosofo dichiara esplicitamente di voler fare «per metà», ossia in modo profondamente diverso dalle tante riduzioni di siffatto genere, che si sono incontnite nel libro secondo (gli stessi eroi omerici, i sette savi di Grecia, i sette re di Roma, ecc. ecc.). E non so in quale altro modo si possa interpetrare codesta riduzione per metà, se non come un modo immaginoso e metaforico per esprimere che egli, Vico, vedeva in Omero una doppia personalità, storica e mitologica, il «particolare uomo in natura», ossia l'individuo effettivamente esistito, e, insieme, la personificazione del popolo greco in quanto narrava, cantando, la propria storia. Insomma, se il V., condotto dal suo stesso ragionamento a postulare un Omero carattere poetico, sentiva in sé qualcosa che si ribellava e l’obbligava a non trattare il poeta alla stessa stregua di Teseo o di Romolo, a me pare ovvio che nel fondo del suo pensiero stesse (latente e poco chiara a lui stesso) la convinzione che i due poemi, oltre che frutto d’una poesia popolare accumulatasi a poco a poco per secoli, fossero anche opera d’un uomo singolo, non mero grammatico ma poeta di genio, che si fosse fatto raccoglitore degli sparsi frammenti, dando loro l’unità e la coesione dell’opera d’arte.

Posto ciò, la tesi, che abbiamo chiamata «estetica», si trova già tutta in embrione nel CI2, vaie a dire prima ancora che il V. si accingesse a compiere di Omero quello studio speciale, di cui furono frutto le Lezioni omeriche, ossia le NDU. Ed è naturale: quella tesi è corollario troppo immediato delle teorie estetiche già abbozzate nel XII capitolo del CI2, perchè il V. non si sentisse spinto irresistibilmente, pur non avendo ancora fatti i necessari studi preparatorii, ad accennarvi. S’intende bene che, poiché nel CI2 quelle teorie sono ancora rudimentali e ben lontane dalla perfezione e compiutezza cui dovevano giungere nella SN2, rudimentale e lacunosa è ancora la tesi omerica, che ne deriva. A ogni modo, la mancanza