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702 LIBRO SECONDO SEZIONE UNDECIMA CAPITOLO SECONDO
sopra si è detto, ridurre a’ giornalieri di Romolo ^ E poscia 2, buccinando dappertutto i Greci la guerra troiana e gli errori degli eroi, e per l’Italia quelli d’Enea, come vi avevano osservato innanzi il lor Ercole 3, il lor Evandro *, i loro Cureti ^ (conforme si è sopra detto), in cotal guisa, a capo di tempo, che tali tradizioni per mano di gente barbara s’eran alterate e finalmente corrotte; in cotal guisa, diciamo. Enea divenne fondatore della romana gente nel Lazio 6. Il quale il Bocharto ^ vuole che non mise mai piede in Italia, Strabene dice che non usci mai da Troia, ed Omero, c’ha qui più peso, narra ch’egli ivi mori e vi lasciò il regno a’ suoi posteri s. Cosi, per due borie diverse di nazioni — una
1 Pare che il V. voglia dir questo: Gli abitanti della città greca anzidetta non furono, nella loro venuta a Roma (ossia nel tempo corso tra la caduta dei re e la pubblicazione della legge delle XII Tavv.), incorporati alla plebe, che costituiva già un corpo politico, come quella che, con l’Agraria serviana, aveva ottenuto il dominio bonitario dei campi (si veda p. 516, n. 1); si bene ridotti alla condizione, assai inferiore, fatta alla medesima plebe ai tempi di Romolo, di meri giornalieri. Quando dunque, Coriolano minacciava i plebei, aspiranti al connubio, di ridurli alla condizione di «: giornalieri di Romolo», voleva ricordare loro, non già un fatto assai remoto, ma l’esempio, che avevano sotto gli occhi, della disgraziata condizione giuridica fatta ai nuovi venuti nell’Urbe.
2 Al tempo della guerra tarantina, come il V. dirà poco appresso.
3 Si veda p. 696.
- Si veda p. 693, n. 2.
e Si veda p. 513, n. 2.
«In cotal guisa, cioè, essi, lavorando sulla tradizione, ormai corrotta, che diceva rifugiati insieme nell’asilo romuleo Arcadi e Frigi, e indicando ciò che era già un carattere poetico (i Frigi) con un altro carattere poetico ancora più particolarizzato (Enea), favoleggiarono della venuta di Enea in Italia, riattaccando a lui la fondazione di Roma.
’ Lettre à monsieur de Segrais, ou dissertation sur la question si Enéeajamais été en Italie, pubblicata già nella traduz. francese dell’Eneide del Segrais; ripubblicata poi in latino ad Amburgo, nel 1672, col titolo: Samdelis Bocharti De quaestione num Aeneas numquam fuerit in Italia, epistola ad v. ci. De Segrais, ex gallico in latinum sermonem versa a Iohanne Scheffero Argentoratensi; e così riprodotta nelle varie edizz. delle Opp. del B. (in quella da noi cit., voi. I, coli1063-1089).
8 Strabene, a dir vero, non fa se non riferire, con qualche cemento, il passo omerico a cui allude il V. Nel quale poi non si dice che Enea sia morto a Troia, ove continuarono a regnare i suoi discendenti, ma soltanto che Nettuno gli predice siffatto avvenire. Ecco, a ogni modo, i passi. Strab., XIII, 1, 53: «"Ojiyjpog... è|icpa£vsi.. [lejjisvyjxóxa xòv Aivstav èv x^ Tpolcf, xa£ 8ca8s8sYnévov x>jv àpxì^v xat 7:apa8e5(!)xóxa izcciaì 7ia£8(i)v xijv SiaSoyrjv aùx^g,:^cpavta|j,évo) xoù xSv IIp’.a|ji’.8tòv Yévoug[/Z., W, 306 sgg.]: «vjSyj yàp Hpiajjiou ysvsYjv vjx^yjps Kpo