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684 LIBRO SECONDO — SEZIONE UNDECIMA CAPITOLO PHIM(»
gli antichissimi dèi fatidici. I quali oracoli dall’impostura poi furono trasportati in dogmi di filosofia; siccome gli Orfici ci furon supposti versi fatti da Orfeo (a), i quali, come gli oracoli di Zoroaste, nulla sanno di poetico e danno troppo odore di scuola platonica e pittagorica i. Perciò da questa Scizia, per gl’Iperborei natii 2, dovettero venir in Grecia i due famosi oracoli delfico e dodoneo, come ne dubitammo nell’Annotazioni alla Tavola cronologica 3; perchè Anacarsi nella Scizia, cioè tra questi Iperborei natii di Grecia, volendo ordinare l’umanità con le greche leggi, funne ucciso da Caduido, suo fratello *. Tanto egli profittò nella filosofia barbaresca dell’Ornio ^^ che non seppe ritruovargliele dappersè! Per le quali ragioni, quindi, dovett’essere pur scita Abari, che si dice aver scritto gli oracoli scitici, che non potèron esser altri che gli detti testé d’Anacarsi; e gli scrisse nella Scizia, nella quale Idantura, molto tempo venuto dopo, scriveva con esse cose ^: onde necessariamente è da credersi essere stati scritti da un qualche impostore, de’ tempi dopo essere state introdutte le greche filosofie. E quindi gli oracoli d’Anacarsi dalla boria de’ dotti furono ricevuti per oracoli di sapienza riposta, i quali non ci son pervenuti ’^. Zamolsci fu Geta (come Geta fu Marte) il qual, al riferire d’Erodoto, portò a’ Greci
(a) [CAfJ.3], il quale, con una sublime filosofìa, unita al popolaresco, dovette cantargli alle fiere di Grecia per ridurle all’umanità; ma questi, come gli oracoli^ ecc.
spriiche des Anacharsis bei Diogenes Laertius gemeint» (Weber). Si veda d’altronde p. 100, n. 1. > Si veda p. 72 sgg.
- Cioè: da quella parte settentrionale di Grecia, che in tempi preistorici si chiamò
«Scizia», per mezzo di quel popolo, indigeno della Grecia, in cui, in quegli stessi tempi, era dato il nome di «Iperborei».
3 Si vedano pp. 100-L
- Si veda p. 101, n. 10. Il trovarsi qui scritto «Anacarsi», e non «Abari», come
nelle Ann. alla Tav. cron., mostra che l’errore là commesso dai V. fu mera distrazione.
= Si veda p. 58, n. 3.
«Si veda p. 279, n. 2. Il concetto del V. è: non è possibile che Abari scrivesse oracoli d’indole filosofica in iscrittura alfabetica, una volta che Idantura, venuto tanto dopo di lui, si esprimeva ancora in linguaggio mutolo, con geroglifici.
’ Si veda p. 100, n. 2.