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IV. di questa edizione lxxvii

vi mis’io», quantunque in altro senso, gli avrebbe detto, a mo’ d’esempio, Cornelio Tacito, se avesse potuto alzare per un momento la testa dal sepolcro! A tutto questo complesso di circostanze e non già alla poca cultura, o, come è stato sostenuto di recente, a spirito «àcrito»1, e tanto meno, come si è visto, all’aver attinte tutte le sue errate citazioni di seconda mano al Lessico dell’Hoffmann è dovuta l’inverisimile massa d’inesattezze, per non dire gravi spropositi, ond’è infarcita la parte erudita della Scienza nuova.

Da ciò un raddoppiamento di lavoro per noi; lavoro (ci si consenta per una volta di lodare noi stessi) tanto più meritorio in quanto noi pei primi siamo convinti (e abbiamo avuto altra volta a manifestare questa opinione2) della scarsa importanza di esso per la vera intelligenza e sopra tutto per la valutazione della Scienza nuova. Giacchè, ed è quasi inutile avvertirlo, tutti gli errori d’erudizione che abbiamo potuto notare, e gli altri che ci saranno sfuggiti, non solo non riescono nemmeno a scalfire la roccia granitica su cui poggia la fama del filosofo napoletano, ma non danno altro che una prova un po’ più abbondante d’un fatto ormai conosciuto da gran tempo: vale a dire che il sostrato erudito della Scienza nuova è assai fragile e su di esso non è da fare affidamento. Che anzi proprio l’aver potuto trovare così gran numero di volte in fallo il Vico, lungi dal suscitare in noi una «boria di dotti» o, per dir meglio, una sciocca



  1. Si veda Pasquale Garofalo di Bonito, Acrisia vichiana nella SN (Napoli, Detken e Rocholl, 1909), intorno a cui scrissi una breve recensione in Critica, l. c. Da questo libro ho tratto qualche aiuto, il quale sarebbe stato di gran lunga maggiore, se la tesi polemica in esso sostenuta e altre ragioni (che indicai nel citato articolo) non ne scemassero di molto il valore.
  2. Critica, l. c.