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lxvi | introduzione dell’editore |
tutte le cose esposte innanzi, lo stile vichiano è completamente refrattario a una punteggiatura razionale. Si ha
un bel voler incominciare, per contraddistinguere con relativa
perspicuità gl’incisi, dai tratti, e poi aprire parentesi, e infine contentarsi di semplici virgole: col Vico si giunge quasi sempre al punto che siffatta gradazione discendente non è possibile per materiale mancanza di segni grafici. Si ha un bel dividere in due, in tre, in quattro, i periodi troppo lunghi, o (caso assai più raro) fonderne in un solo due o tre eccessivamente brevi: i nuovi periodi, che risultano da codesta scissione o fusione, presentano sempre qualcosa d’irrimediabilmente zoppicante. Si ha un bell’aumentare o diminuire i capoversi: resteranno sempre, per la natura stessa dell’argomento, pagine intere nelle quali non è possibile concedere al lettore un sol momento di respiro, e altre in cui
gliene si debbono dare troppi. Insistere su ciò ci sembra
superfluo, perchè finiremmo col ripetere quanto abbiamo detto sopra circa la struttura del periodo vichiano. Il difetto è intrinseco, e come al Vico non riusciva di rimediarvi cogli espedienti avanti accennati, così tanto meno poteva riuscire a noi, che non potevamo fare altro che mutare, aggiungere o togliere qualche segno d’interpunzione. — Senonchè ci sembra che se, con la punteggiatura da noi adottata, per quanto essa possa essere migliorata di molto (e noi stessi ci auguriamo di migliorarla in successive ristampe, facendo anche sparire quel
po’ d’incertezza che v’è nelle prime pagine), la Scienza nuova guadagna ben poco in euritmia sintattica, essa, per
converso, acquisti parecchio in perspicuità; ch’è poi il
miglior servigio che un editore poteva rendere al Vico.
Due altre avvertenze ci restano a fare intorno al testo.
Abbiamo parlato innanzi spesso di sezioni in cui è diviso ciascun libro, e di capitoli in cui è suddivisa cia-