Pagina:Vico - La scienza nuova, 1, 1911.djvu/50

xl introduzione dell'editore

libro, quello dei Ricorsi (il problema intorno a cui più si affaticò il Vico nei suoi ultimi anni), è assai più ordinato e ampliato; — ricomparisce, accresciuto di molto, il capitoletto dell’edizione del 1725 (I, 2) sulla «pratica» della Scienza nuova (che nell’edizione del 1730, a dir vero, era stato non già soppresso ma presupposto); — permane, aumentata, la Tavola d'indici — e l’opera s’arricchisce d’una lunga appendice, contenente per una parte due Ragionamenti (intorno alla Legge delle XII Tavole e intorno alla legge regia di Triboniano), ivi trasferiti, con larghe modifiche, dal Diritto universale e per un’altra parte i tre capitoli della Scienza nuova prima, che il Vico desiderava avessero ancora vita.

«Exegi monumentum cere perennius» e «Nunc dimittis servum tuum Domine», furono i due motti che il Vico (conscio della grandezza della sua opera e convinto, nello stesso tempo, che egli non era stato se non istrumento della Provvidenza) pose alla fìne di questa settima redazione. Le quali parole, messe a confronto con quanto egli scriveva nell'Aggiunta all'Autobiografia1, che è proprio del 1731, mostrerebbero che l’inesorabile correttore di se medesimo fosse alfine contento del suo lavoro e si ripromettesse di non più tornarvi sopra. E forse, se il Vico lo avesse ristampato subito, com’era suo vivo desiderio, non vi si sarebbe più cotanto travagliato. Ma la ristampa non potè aver luogo per allora: si fece attendere anzi parecchi anni; e il filosofo napoletano non era uomo da lasciar dormire tranquillo per tanto tempo un manoscritto nel cassetto. E non più che un paio d’anni dopo, ossia .



    qua e là dall’antica opera. Ma nell’uno e nell’altro caso il testo è sempre molto più ampio che non in SN2

  1. Ed. Croce, p. 76.