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II. le varie redazioni della « scienza nuova » xxix

tesio, che ne aveva avuta tanta scrivendo in francese il Discours de la méthode, si risolvette per la prima volta ad abbandonare il latino, adoperato costantemente da lui fino allora nelle opere scientifiche1, e a valersi del volgare. Inoltre la Scienza nuova in forma negativa comincia già a perdere quel carattere prevalentemente giuridico che è proprio del Diritto universale e acquista quell’aspetto filosofico-storico che viene sempre più accentuato nelle posteriori redazioni. E invero, il Vico stesso c’informa che «nel primo libro egli andava a ritrovare i principii del diritto naturale delle genti [ossia della civiltà] dentro quelli dell’umanità delle nazioni per via d’inverisimiglianze, sconcezze ed impossibilità di tutto ciò che avevano gli altri [Grozio, Selden e Puffendorf] più immaginato che ragionato; in conseguenza del quale nel secondo egli spiegava la generazione de’ costumi umani con una certa cronologia ragionata di tempo oscuro e favoloso de’ Greci, da’ quali abbiamo tutto ciò che si ha delle antichità gentilesche»2. Altre notizie non possiamo aggiungere, giacchè quelle, apparentemente più diffuse ma in realtà assai più generali, che il Vico dà in una lettera a monsignor Filippo Maria Monti3 si possono adattare a qualsiasi redazione della Scienza nuova, anche alle ultimissime.

Non è certo il caso di narrare minutamente le dolorose vicende di codesta terza redazione4. Chi non le conosce e chi non ha sparsa una lagrima nel leggere una famosa postilla vichiana a una lettera del cardinal Lorenzo Corsini? «Lettera di S. E. Corsini, che non ha facultà di sommini-



  1. Tranne nelle due Risposte al Giornale dei letterati, scritte in italiano, perchè italiani erano gli scritti a cui esse si riferivano.
  2. Autobiogr., ediz. Croce, p. 48.
  3. Carteggio, ediz. Croce, p. 167.
  4. Cfr. intorno a esse principalmente Gentile, Il figlio di G. B. Vico (Napoli, Pierro, 1905), pp. 20-8.