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della logica poetica 247

«cosa», come osserva Tommaso Gatachero, De instrumenti stylo1. E pur «μ̀υθος» ci giunse diffinita «vera narratio»2, o sia «parlar vero», che fu il parlar naturale che Platone prima e dappoi Giamblico (a)3 dissero essersi parlato una volta nel mondo. I quali, come vedemmo nelle Degnità4, perchè ’l dissero indovinando, avvenne che Platone e spese vana fatiga d’andarla truovando nel Cratilo, e ne fu attaccato da Aristotile e da Galeno; perchè cotal primo parlare, che fu de’ poeti teologi, non fu un parlare (b)5 secondo la natura di esse cose (quale dovett’esser la lingua santa ritruovata da Adamo, a cui Iddio concedette la divina onomathesia6 ovvero imposizione de’ nomi alle cose secondo la natura di ciascheduna), ma fu un parlare fantastico per sostanze animate, la maggior parte immaginate divine (c)7 Cosi8 Giove, Cibele o Berecintia, Nettunno, per cagione d’esempli, intesero e, dapprima mutoli additando, spiegarono esser esse sostanze del cielo, della terra, del mare, ch’essi immaginarono animate divinità, e perciò con verità di sensi gli cre-



  1. Tomæ Gatakeri De novi istrumenti stylo Dissertatio, Qua viri doctissimi Sebastiani Pfochenii de lingua greca Novi Testamenti puritate, In qua Hebraismis, qui vulgo finguntur, qam (sic) plurimis larva detrahi dicitur; Diatribe ad examen revocatur, Scriptorumqe qȃ sacrorum qȃ profanorum, loca aliquam multa obiter explicantur atqe illustrantur, lib. I, c. 14, in Opera critica (Traiecti ad Rhenum, Ap. Fr. Halman, Guil. vande Water, Ant. Schouten, MDCXCVIII), coll. 89-90.— Il G., peraltro, non fa se non citare (per indi confutare) «Pfochenii sect. 54, qa contendit τὸ ρῆμα pro «re» a Luca, c. I, v. 37, usurpatum tam, Græcorum qam et Hebraisantium esse; idqe hac ratione subnixus,qia λὸγον et ̌επων Graeci autores sic usurparint».
  2. Romano, op. cit., pp. 156-7: «Non è vero che gli Greci usarono la voce «μ̀υθος» per significare «una vera narrazione»... Non potrà mai il V. produrre a suo favore la testimonianza di qualche greco scrittore antico.... Appena se si rivolge all’età più fresca di Roma,.... ritroverà qualche autore latino, il quale col nome di «favola» una «vera narrazione» espresse. Terenzio infatti [Hecyra, 620-1] le adattò questo senso: «Nos fabula sumus senex et anus» [propriamente: «postremo nos iam fabulæ | Sumus, Phamphile, «Senex atque Anus»]; e lo segui Giovenale, allor che cantò [I, 145]: «Ic nova nec tristis per cunctas fabula cœnas».
  3. (a) ed Origene, ecc
  4. Degn. LVII e note corrispondenti.
  5. (b) per sostanze naturali, o animate o inanimate, quale, ecc.
  6. Gen., II, 19-20.
  7. (c) [CMA3] prima con cenni o con corpi simili, appresso con segni dipinti e finalmente [SN2] con voci articolate. Così Giove, ecc..
  8. Il V. sottintende il soggetto: «i poeti teologi».