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244 LIBRO SECONDO — SEZIONE PRIMA CAPITOLO QUARTO

supposizione l’idea del vero Essere, la qual io mi ritraevo aver innanzi l’idea del mio essere, ch’è tanto dire quanto innanzi del mio supposto; la qual, perch’è del vero Ente (essendo del vero bene), mi mena a ricercare nel suo Essere l’esser mio: talché ella non mi è venuta dal mio corpo, del qual io ancor dubito dentro la dubitazion del mio essere. Dal corpo è nato il tempo; e dal corpo e dal tempo, che si misura col moto del corpo (ove non sia mente la qual regoli il moto del corpo) esce il Caso.

Con tali ragioni, se non andiamo errati, abbiamo scoverti manifestamente i paralogismi delle Metafisiche che tengono diverso cammino dalla platonica. Perocché quella d’Aristotile non è altro che la Metafìsica di Platone trasportata dal dialogo al metodo didascalico, che noi diremmo «insegnativo»; siccome Proclo, gran mattematico e filosofo platonico, con un aureo libro i portò i principii fisici d’Aristotile (che sono quasi gli stessi ch’i principii metafisici di Platone) al metodo geometrico.

Ora incominciamo ormai a ragionare partitamente delle subalterne scienze poetiche.

1 II V. vuole alludere alla Si;of)(£iwaig Beoì.ofi.Kri, di cui come si rileva da una sua lettera a mons. Muzio di Gaeta (cfr. Carteggio, ediz. Croce, p. 239) conosceva la traduzione latina di Francesco Patrizi (Procli Lycii Diadochi, platonici philosophi eminentissimi, Elemento theologica et physica, Opus omni admiratione prosequendum, Quce Fkanciscus Patricius de grcecis fecit latina, Ferrarite, Apud Dominicum Mamarellum, MDLXXXIII, Superiorum permissu).