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236 LIBRO SECONDO SEZIONE PRIMA — CAPITOLO SECONDO
ha nelle (a) Degnità i; comincia l’età dell’oro de’ Greci, nella quale gli dèi praticavano in terra con gli uomini, come qui abbiam veduto aver incominciato a fare Giove. Cosi i greci poeti, da questa tal prima età del mondo ci hanno nelle loro favole fedelmente narrato l’universale Diluvio e i giganti essere stati in natura; e sì, ci hanno con verità narrato i principii della storia universale profana (h). Ma non potendo poscia i vegnenti entrare nelle fantasie de’ primi uomini che fondarono il gentilesimo, per le quali sembrava loro di vedere gli dèi; e non intesasi la propietà di tal voce «atterrare», ch’era «mandar sotterra»; e perchè i giganti, i quali vivevano nascosti nelle grotte sotto de’ monti, per le tradizioni appresso di genti sommamente credule furono alterati all’eccesso ed appresi ch’imponessero Olimpo, Pelio ed Ossa, gli uni sopra degli altri, per cacciare gli dèi (che i primi giganti empi non già combatterono, ma non avevano appreso finché Giove non fulminasse) dal cielo, innalzato appresso dalle menti greche vieppiù spiegate ad una sformata altezza, il quale a’ primi giganti fu la cima de’ monti, come appresso dimostreremo (la qual favola dovette fingersi dopo Omero (e) e da altri esser stata nell’Odissea ^ appiccata ad Omero, al cui tempo bastava che crollasse l’Ohmpo solo, per farne cadere gli
(a) greche tradizioni; comincia il secol dell’oro a’ Greci e quel di Saturno a’ Latini, ne’ quali gli dèi praticavan in terra cogli uomini, la quale fu la prima età del mondo gentilesco. [CMA *] La qual prima età qui, come da una sua prima epoca, conforme si è nelle Degnità ^ divisato, incomincia da Giove e dalla religione degli auspici! ne’ di lui fulmini, da cui debbo incominciare tutta la storia universale. Di che i Latini ci serbarono un certo avviso in queste tre voci: «auspicari», «migurari» (per «incominciare >) ed «ììiitia» (per dire «consegrazioni >» e «incomiuciameuti» o «principii»).
(b) e la di lei perpetuità con la sagra. Ma perchè i giganti, ecc. (e) autore dell’J/iade (come vedremo del vero Omero nel libro
terzo) al cui tempo, ecc.
- Propriamente nelle Annotaz. alla Tav. cron., X.
2 A, 313 sgg. 8 Degn. XLII.