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ASPETTI PRINCIPALI DI QUESTA SCIENZA 233
il mondo alior delle nazioni, tra Ebrei e genti; né a quello: che, perchè gli Ebrei avevano perduto di vista il loro diritto naturale nella schiavitù dell’Egitto, dovett’esso Dio riordinarlo loro con la Legge la qual diede a Mosè sopra il Sina; né a quell’altro: che Iddio nella sua Legge vieta anco i pensieri meno che giusti, de’ quali niuno de’ legislatori mortali mai s’impacciò; oltre all’origini bestiali, che qui si ragionano, di tutte le nazioni gentili. E se pretende d’averlo gli Ebrei a’ gentili insegnato appresso i, gli riesce impossibile a poterlo pruovare, per la confessione magnanima di Giuseffo, assistita dalla grave riflessione di Lattanzio sopra arrecata, e dalla nimistà che pur sopra osservammo 2 aver avuto gli Ebrei con le genti, la qual ancor ora conservano dissipati tra tutte le nazioni. E finalmente Pufendorfio, che l’incomincia con un’ipotesi epicurea, che pone l’uomo gittate in questo mondo senza niun aiuto e cura di Dio ^; di che essendone stato
Sem, senza aver bisogno di una nuova rivelazione, avrebbe conservato il primitivo diritto dato da Dio ad Adamo e lo avrebbe trasmesso ai soli Ebrei, i quali ne avrebbero fatto un loro monopolio.— «Venne appresso Seldeno — egli dice, 1. e, e non è inutile riferire le sue testuali parole, — il quale per lo troppo affetto che porta all’erudizione ebrea, della quale egli era dottissimo, fa principii del suo [sistema] i pochi precetti che Iddio diede a’ figliuoli di Noè: da uno de’ quali, Semo (per non riferire qui le difficultà che gliene fa contro il Pufendorfio), il quale solo perseverò nella vera religione del Dio d’Adamo, anziché un diritto comune con le genti provenute da Cam e Giafet, derivò un diritto tanto propio che ne restò quella celebre distinzione di Ebrei e genti, la quale durò infino agli ultimi tempi loro, ne’ quali Cornelio Tacito appella gli Ebrei < uomini insocievoli» e distrutti da’ Romani, tuttavia con raro esempio vivono dissipati tia le nazioni senza farvi nessuna parte».
^ Cioè dopo la legge mosaica, mercè i tanti immaginari rapporti che il Sclden si sforza di provare esservi stati tra gli Ebrei i filosofi e legislatori delle altre nazioni; in guisa che Aristotele sarebbe stato iniziato alla vera sapienza dall’ebreo Simone il giusto; Pitagora sarebbe stato discepolo diEzechielc; Numa Pompilio avrebbe avuta diretta conoscenza dei libri santi; Platone, oltre alla conoscenza indiretta della sapienza ebraica avuta per mezzo del suo maestro, il pitagorico Filolao, avrebbe direttamente studiate le sacre carte viaggiando in Palestina; Cicerone, perchè studioso di filosofia stoica, la quale prende origine da Platone e Aristotele, avrebbe indirettamente attimo anche lui a fonti ebraiche; e via discorrendo. Cfr. libro I, j}assim e Fbanck, 1. e.
2 Si veda p. 96.
3 De iure nat. et gent., II, 2 {De stalu hominum naturali), § 2: «Ut igitur statua naturalis faciem animo concipere queamus, qualis is citra ulta subsidia et inventa humana, aut divinìtus homini suggesta futurus fuerat, fingendus nobis est homo undecunque in huncce mundum proiectus, ac sibi soli piane relicfus citra omne subsidium humanuni post nalivitatem ipsi accidens, et quidem ut non amplioribus animi corporisque dotibus sit instructus, quam nunc nulla prcevia cultura depre